Se fate parte di quel 65% di italiani che hanno a cuore il tema dell’ambiente forse vi farà piacere sapere quanto si possa intervenire in favore della difesa dell’ambiente anche all’interno del proprio ufficio, semplicemente interessandosi del corretto processo di smaltimento di quei rifiuti, la cui pericolosità viene spesso trascurata.
Ormai dal 1997, con l’entrata in vigore del D.lgs 22/97 (meglio noto come “Decreto Ronchi”) e successivi, non è più solo la coscienza dei singoli individui a preoccuparsene, ma anche la legge italiana, che si e’ finalmente adeguata alle normative europee legiferando in materia.
Qualche cenno alla normativa:
A partire dal 29 aprile 2006, data di entrata in vigore del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 (recante “Norme in materia ambientale”) la normativa nazionale sui rifiuti ha subito una profonda trasformazione: il nuovo provvedimento, emanato in attuazione della legge 15 dicembre 2004 n. 308 (recante “Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale”), ha infatti riformulato l’intera legislazione interna sull’ambiente, e ha sancito l’espressa abrogazione del D.lgs 22/1997.
Le nuove regole sulla gestione dei rifiuti sono contenute, in particolare, nella “Parte quarta” del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, composta da 89 articoli (dal 177 al 266) e 9 allegati.
La gerarchia di gestione dei rifiuti è disciplinata, in particolare, negli articoli da 179 a 182, dove coerentemente con la linea già definita dal Decreto “Ronchi”, vengono stabilite quali misure prioritarie le azioni volte a prevenire e ridurre la produzione di rifiuti, cui seguono le attività di recupero e, come ultima ipotesi, lo smaltimento.
In base a quanto indicato all’art. 184 del D.lgs 152/06, i rifiuti possono essere distinti:
Secondo l’origine in:
Rifiuti urbani;
Rifiuti speciali.
Secondo le caratteristiche di pericolosità in:
Rifiuti pericolosi;
Rifiuti non pericolosi.
I rifiuti urbani e speciali, pericolosi e non, a loro volta sono classificati secondo la loro destinazione finale:
Non riutilizzabili, da avviare necessariamente a smaltimento;
Riutilizzabili, da avviare a smaltimento o a recupero nei cicli produttivi, secondo i casi.
L’articolo 182 del D.lgs 152/06 chiarisce che lo smaltimento dei rifiuti è da considerarsi come soluzione residuale, nel caso non esistano alternative tecnicamente valide o economicamente sostenibili che ne consentano il recupero.
Tutti i rifiuti sono identificati da un codice a 6 cifre.
L’elenco dei codici identificativi (denominato C.E.R. 2002 e allegato alla parte quarta del D.lgs 152/06) è articolato in 20 classi, a seconda del ciclo produttivo che ha dato origine al rifiuto.
All’interno dell’elenco, alcune tipologie di rifiuti sono classificate come pericolose o non pericolose fin dall’origine, mentre per altre la pericolosità dipende dalla concentrazione di sostanze pericolose contenute; i rifiuti pericolosi sono contrassegnati nell’elenco da un asterisco.
All’interno di tale elenco sono ovviamente ricompresi anche i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività di ufficio, le cui principali tipologie sono:
Toner, cartucce per stampanti laser, cartucce per stampanti a getto d’inchiostro, nastri per stampanti ad impatto esausti etc. – Classificati come rifiuti speciali, non pericolosi e pericolosi, a seconda delle loro caratteristiche.
Tubi catodici (lampade al neon) guasti, lampade a risparmio energetico – Classificati sempre come rifiuti speciali pericolosi.
Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche obsolete o RAEE (computer, stampanti, fotocopiatrici, centralini telefonici, monitor, video etc.). – Sono rifiuti speciali, non pericolosi e pericolosi.
Filtri provenienti da impianti di condizionamento e fancoil. – Sono classificati sempre come rifiuti speciali pericolosi.
Pile ed accumulatori (batterie alcaline, batterie da cellulari, ecc.). – Sono rifiuti speciali, non pericolosi e pericolosi.
Carta e archivi cartacei. – Sono rifiuti speciali non pericolosi.
I codici C.E.R. coi quali vengono classificati tali rifiuti sono: Toner, cartucce e nastri:
08 03 18 rifiuto speciale non pericoloso;
08 03 17 rifiuto speciale pericoloso, se destinato allo smaltimento; 16 02 16 se destinato al recupero.
Da notare che in precedenza era possibile classificare tali rifiuti con i codici C.E.R. 15 01 02, 15 01 04, 15 01 06 relativi agli imballaggi, tuttavia il D.M. n. 186 del 5 Aprile 2006 ha sancito (andando a modificare il punto 13.20 del D.M. 05/05/98) che i codici C.E.R. corretti per classificare e destinare tali materiale alle operazioni di recupero, sono appunto i C.E.R. 08 03 18 e 16 02 16.
Tubi catodici e lampade a risparmio energetico:
20.01.21 rifiuti speciali pericolosi.
Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche obsolete:
16 02 14 rifiuto speciale non pericoloso;
16 02 13 rifiuto speciale pericoloso.
Filtri da impianti di aerazione:
15 02 02 rifiuti speciali pericolosi.
Pile ed accumulatori:
16 06 04 rifiuto speciale non pericoloso;
16 06 01/02/03 rifiuti speciali pericolosi.
Carta:
15 01 01 rifiuto speciale non pericoloso o 20 01 01 rifiuto urbano.
Ai sensi della normativa vigente, le tipologie di rifiuti sopra indicate non sono assimilabili ai rifiuti urbani e pertanto non possono essere destinati alle comuni discariche, ma devono essere gestiti in modo separato tramite operatori espressamente autorizzati dalle autorità competenti, siano essi società di trasporto o di smaltimento.
Occorre inoltre ricordare sempre che la legge, e più specificamente l’art. 183 del D.lgs 152/06, obbliga i produttori a smaltire i rifiuti prodotti entro il termine massimo di un anno, a prescindere dal quantitativo e dalla loro pericolosità.
Il mancato rispetto delle regole comporta severe sanzioni.
Le infrazioni in materia ambientale possono essere accertate da numerosi soggetti, quali ad esempio Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia, Ispettori di U.S.L. o A.S.L. (Unità / Aziende Sanitarie Locali) e A.R.P.A. Regionali (Azienda Regionale per l’Ambiente), et